Generalmente ascritta al panorama boschivo sardo, la sughera è presente a macchia di leopardo in tutto il Mediterraneo. Pomezia ne ospita una rappresentanza significativa per la costa laziale
L’albero della sughera appartiene al genere Quercus, ovvero alle querce. Una particolare forma arborea che definisce gran parte del panorama boschivo del Portogallo, dell’Andalusia, dell’Africa mediterranea e dell’Italia tirrenica. Nel nostro Paese è diffusa in larghissima parte della Sardegna, tra le province siciliane di Palermo, Messina e Catania e in Calabria, oltre che in una fascia di terra che unisce Liguria e basso Lazio.
Una delle sue caratteristiche è la longevità, che può portare gli alberi ad avere centinaia di anni, se non addirittura migliaia. La sughera (o sughero, termine che però qualifica generalmente la corteccia che se ne ricava dai tronchi) è termofila, ovvero resiste difficilmente a temperature molto basse: ecco perché è più facile trovarla lungo la fascia costiera, come nel caso del Bosco della Sughereta di Pomezia.
Quello pometino è peraltro uno dei pochissimi esempi di sughereta nel Lazio, dove la presenza di questi alberi si fa più sporadica rispetto ad esempio alla Toscana. L’albero è infatti una sorta di antagonista naturale del leccio, rispetto al quale permette la nascita di arbusti e vegetazione bassa (ecco perché è molto diffuso in Sardegna, terra di pastorizia) ma che per contro non può essere utilizzato per il suo legname, tendenzialmente ignifugo.
Sappiamo infatti che il Lazio è una regione storicamente votata all’uso dei legni boschivi per il riscaldamento piuttosto che per la trasformazione. In una regione con forte presenza di quercete e castagneti, la sughera ha una rilevanza secondaria, benché rappresenti una delle espressioni più nobili dell’uso del legno e dei suoi materiali di risulta.
Basti pensare che il settore economico che ruota intorno ai sugheri nel Mediterraneo movimenta una forza lavoro di oltre trentamila persone, pari a una città di dimensioni medie.
Lo stesso tappo di sughero, presenza sempre più sparuta nei vini di bassa qualità ma invece irrinunciabile nelle bollicine di grande valore, ha una storia decisamente affascinante: fu Don Pierre Pérignon – al quale si deve il nome del celebre spumante – a sostituire il legno con la sughera, migliorando la conservazione dei vini.
Insieme ai due alberi presenti nei centralissimi Giardini Petrucci, i sugheri di Pomezia si concentrano appunto nella Sughereta. Quest’area verde, situata a pochi kilometri dal centro storico cittadino, ha una superficie di circa 600mila metri quadrati ed è situata a sud-ovest del Cimitero militare germanico. La si raggiunge deviando dalla Via Pontina, in corrispondenza del complesso Selva dei Pini.
Nonostante si trovi circondata da un’area in profonda trasformazione urbanistica, ricca di poli produttivo-industriali, la Sughereta di Pomezia è uno dei polmoni verdi più importanti del quadrante meridionale di Roma. I vari sentieri al suo interno permettono di passeggiare immersi in una allure naturale affascinante, dove anche le temperature calde d’estate sono più facilmente sopportabili.
Il biotopo della Sughereta è una delle massime ricchezze per Pomezia, la cui biodiversità è un unicum sul panorama della città metropolitana di Roma. Come detto, infatti, la presenza della sughera non è esclusiva, ma integrativa di altre specie verdi. La diversificazione del panorama ambientale permette così a piante e animali di popolare una zona altrimenti “appiattita” rispetto alle aree circostanti.
Scolaresche, studiosi e amanti dell’ambiente possono liberamente visitare il Bosco della Sughereta, trovandovi una macchia verde che è atipica rispetto al panorama laziale.
Ente parco
La gestione della Sughereta di Pomezia è affidata, dall’agosto 2016, all’attiguo Parco regionale dei Castelli Romani. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito.

